Estate e condizionatori: come il covid cambia le regole
La correlazione tra estate, condizionatori e coronavirus rappresenta uno dei temi più caldi del periodo. Con la bella stagione ormai alle porte, molte persone hanno cominciato a chiedersi come l’utilizzo degli impianti di climatizzazione possa incidere sulla diffusione del Covid-19.
I contesti più monitorati sono gli uffici e i luoghi di lavoro al chiuso, dove le persone devono passare buona parte della giornata a stretto contatto l’una con l’altra. Dato che un errato condizionamento dell’aria è un fattore di rischio per la diffusione del virus, non può certo essere sottovalutato.
Le norme suggerite dall’Istituto Superiore di Sanità
Un recente documento stilato dall’ISS codifica alcune regole e norme comportamentali, per rendere l’estate e i condizionatori a prova di coronavirus. Il primo punto su cui esso si focalizza è la qualità dell’aria indoor: quella degli ambienti chiusi e privi di un’aerazione costante – efficiente, in cui è possibile che il virus trovi terreno fertile per proliferare.
Anche se è stato ampiamente dimostrato che il coronavirus non si diffonde per via aerea (ma solo attraverso il contatto diretto fra persona e persona), diluire l’aria in una stanza cambiandola di continuo è molto importante. Ciò evita l’accumulo di particelle nocive, compresi gli aerosol prodotti dagli eventuali infetti (respiro, starnuti e tosse).
L’ISS suggerisce di aerare naturalmente la stanza, aprendo le finestre più volte al giorno. In alternativa ci si può affidare a impianti di ventilazione per “pulire” l’aria di un luogo chiuso, sostituendola con quella esterna.
Riciclo dell’aria da evitare senza filtri adeguati
In estate anche i condizionatori possono diffondere il coronavirus. Questo problema nasce dalla mancanza di filtri adeguati e capaci di trattenere le minuscole particelle del virus. In ambito domestico o in ufficio, i filtri impiegati sono pensati per bloccare molecole di sostanze inquinanti di determinate dimensioni, ma tutto ciò che è più piccolo passa indisturbato.
Il ricambio dell’aria dall’esterno è anche in questo caso la soluzione migliore. L’ISS invita a eliminare la funzione di riciclo dell’aria e a tenere sempre accesi i sistemi di ventilazione. Se durante la giornata lavorativa vi sono pause prolungate (pausa pranzo), è preferibile abbassare il livello della ventilazione senza spegnerla del tutto.
Negli ambienti ospedalieri (solitamente muniti di sistemi di condizionamento avanzati, con filtri atti a prevenire la diffusione di patogeni), se possibile, è comunque consigliato scegliere il ricambio d’aria piuttosto che il riciclo.
Impostare correttamente i flussi d’aria
In alcune particolari condizioni ambientali, si è potuto osservare come il Covid-19 sia in grado di percorrere distanze più lunghe rispetto a quelle di sicurezza (fissate a un metro dalle normative). Questa capacità è influenzata anche dai flussi d’aria, che escono dagli impianti di condizionamento.
Negli ambienti chiusi è necessario fare particolare attenzione a questo aspetto. Anche se le persone sono a debita distanza l’una dall’altra, c’è un concreto rischio che il patogeno possa essere trasportato dai flussi d’aria direzionati dall’alto verso il basso.
Le istruzioni dell’Istituto Superiore di Sanità a tale riguardo sono chiare: bisogna evitare flussi d’aria discendenti oppure orientati direttamente sul volto delle persone. Ciò è valido sia per l’ambiente lavorativo, sia anche per quello domestico (in cui si tende a trasgredire un po’ di più, per godere della piacevole sensazione dell’aria sulla pelle).
Un altro accorgimento per scongiurare il rischio di infezione da coronavirus, è il settaggio dei condizionatori al giusto grado di umidità dell’aria: pur non essendoci studi specifici in merito, gli esperti concordano che i valori ottimali per evitare pericoli si aggirano intorno al 50-70%.