Il rientro degli Stati Uniti nell’accordo di Parigi: cosa significa?
Il rientro degli Stati Uniti nell’accordo di Parigi è ufficiale: il neo eletto presidente Joe Biden ha infatti mantenuto parte di quanto promesso in campagna elettorale, firmando alcuni decreti sull’argomento il giorno stesso del suo insediamento alla Casa Bianca.
La lotta ai mutamenti climatici è una delle più importanti sfide che l’umanità si sia mai trovata ad affrontare e il cambio di rotta rispetto alle politiche dell’amministrazione Trump, restituisce la speranza di non compromettere in toto gli sforzi compiuti a livello globale fino a questo momento.
La condizione attuale degli Stati Uniti
L’uscita dall’accordo di Parigi, annunciata nel 2017 da Donald Trump, ha fatto molto discutere e preoccupare perché, essendo gli USA uno tra i paesi con il maggiore tasso di inquinamento, incide ben più di altre nazioni sulle modificazioni del clima.
L’ex presidente statunitense ha sempre basato le proprie politiche ambientali sul negazionismo, incolpando i climatologi di fare allarmismo ingiustificato. Coerente con il suo pensiero, ha quindi firmato liberatorie, abrogato leggi, concesso nuove trivellazioni e favorito i petrolieri nell’intento di rilanciare l’industria del carbone.
In aggiunta a ciò, ha poi approvato la costruzione dell’oleodotto Keystone XL: un progetto che avrebbe consentito l’estrazione del greggio dalle sabbie bituminose dell’Alberta in Canada, considerata tra le fonti fossili più sporche al mondo.
Anche se tutto questo può far pensare che la situazione degli Stati Uniti sia ormai disastrosa, l’Energy Information Administration (EIA) ha dimostrato la presenza di alcuni dati incoraggianti, come quelli relativi alle emissioni di CO2, calate del 10% nel 2020 grazie principalmente alla pandemia di coronavirus.
La stessa agenzia statistica e analitica del Dipartimento dell’energia USA ha inoltre spiegato che, rispetto al 2007, l’anidride carbonica è scesa di ben 23 punti percentuali. Traguardo raggiunto in primis con gli investimenti in fonti rinnovabili come l’eolico, il solare e l’idroelettrico.
Impatto e conseguenze sul rientro degli USA nell’accordo di Parigi
Nonostante il negazionismo e l’appoggio delle industrie legate all’oro nero, molte imprese, comunità e perfino intere nazioni hanno deciso di distanziarsi dalle idee del presidente uscente, fondando un movimento chiamato “We are still in” (noi siamo ancora dentro), che si è fatto sentire anche a livello internazionale.
È soprattutto grazie all’impegno di queste persone se oggi gli USA possono rientrare senza troppa difficoltà nelle trattative dei negoziati sul clima. Per la riammissione ufficiale all’accordo di Parigi è infatti sufficiente che trascorrano 30 giorni dalla dichiarazione di Biden all’UNFCCC (la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici).
Il suddetto cambio di rotta porta delle conseguenze politiche e un forte messaggio simbolico di riapertura verso l’estero: fenomeni che potrebbero addirittura stimolare all’azione anche i paesi che, pur avendo aderito al testo scritto durante la Cop 21 nel 2015, hanno continuato ad attuare politiche ambigue e non incisive.
negoziati climatici di Cop 26 a Glasgow
Il rientro degli Stati Uniti nell’accordo di Parigi consentirà alle delegazioni americane di partecipare alla Cop 26, che si terrà a Glasgow il prossimo novembre. La conferenza mondiale sul clima è uno dei tavoli di discussione più cruciali per la lotta all’inquinamento e la salvaguardia dell’ambiente.
I primi passi mossi da Joe Biden sembrano essere molto positivi e incoraggianti ma, per poter confermare definitivamente il rinnovato impegno degli USA nelle questioni ambientali, bisogna attendere gli incontri ufficiali e sperare nel completo mantenimento delle promesse fatte dal nuovo presidente durante la campagna elettorale.