Il Large Hadron Collider: refrigerato a CO2
Il Large Hadron Collider (o LHC) viene considerato a tutti gli effetti uno degli acceleratori più importanti per studiare la fisica delle particelle. Lo strumento in questione è posto a circa 100 metri di profondità sotto i laboratori del CERN a Ginevra e si compone di un gigantesco anello dal diametro di 27 chilometri.
La sua principale funzione consiste nello spingere atomi di diverse sostanze a velocità prossime a quelle della luce, facendole collidere per analizzarne gli effetti.Visto che le operazioni da esso svolte richiedono apposite apparecchiature dedite al raffreddamento, è recentemente stato convertito a sistemi con CO2 transcritico.
A cosa serve la refrigerazione nell’LHC
I sistemi di refrigerazione accessori al Large Hadron Collider sono cruciali per permettere il corretto funzionamento dei sensori di silicio. Il compito di tali sensori è infatti estremamente delicato, poiché gli stessi devono rilevare le tracce emesse dalle particelle durante le collisioni.
Per fare ciò è imperativo che essi continuino a operare sempre a una temperatura stabile, così da evitare fluttuazioni nelle misurazioni e compromissioni degli esperimenti. Il raffreddamento deve quindi essere realizzato ad hoc, assicurando prestazioni del tutto ottimali.
In alcune reazioni nucleari, poi, si verifica spesso il rilascio di radiazioni che possono danneggiare i sensori. Per scongiurare l’eventualità e minimizzarne gli eventuali effetti dannosi, le temperature vengono abbassate ulteriormente sotto gli 0 °C.
Perché scegliere la CO2 come refrigerante
Nel 2026 l’acceleratore di particelle LHC verrà aggiornato per il cosiddetto programma di alta luminosità (HL-HLC). Tale upgrade aumenterà di un fattore 10 la densità delle particelle create dalla collisione, producendo un’emissione di radiazioni ancora più elevata.
A fronte di ciò si sono pertanto resi necessari dei miglioramenti sostanziali da eseguire anche ai sistemi di raffreddamento, che dovranno essere in grado di dissipare una potenza nominale fino a 300kW per ATLAS e 500kW per CMS (due tra i rilevatori più noti del Large Hadron Collider).
Viste le restrizioni sui refrigeranti HFC, si è poi pensato di ricorrere ai refrigeranti naturali: soluzioni meno problematiche per l’ambiente e capaci di raggiungere alte performance con bassi consumi energetici. Nello studio del progetto sono stati considerati etano ed etilene ma, a causa della loro elevata infiammabilità, si è preferito puntare sul già citato sistema a CO2 transcritico.
La struttura comprenderà un primario a due stadi che sfrutterà apparecchiature transcritiche a R744, supportate da un circuito secondario a bassa temperatura, nel quale verrà pompata l’anidride carbonica. Ritornando all’esempio dei due rilevatori ATLAS e CMS, con questo nuovo sistema sarà possibile portare le temperature dei sensori fino a -43 °C.
Il futuro dei sistemi di raffreddamento a CO2
Il primo prototipo del sistema di raffreddamento a CO2 è già stato costruito e installato in uno dei laboratori del CERN (come riporta questo l’articolo di Cooling Post). Prima di applicarlo all’LHC, però, verrà sperimentato con attenzione, così da verificarne l’affidabilità.
Tra i test più significativi che si stanno conducendo, vi sono quelli sui compressori. Se ne stando provando di differenti marche per studiarne le prestazioni e constatare quali siano i più adatti. Lo scopo è dare vita a un sistema di raffreddamento in grado di raggiungere una capacità massima di 75kW, operando a una pressione di 6bar.
La soluzione trovata dagli scienziati del CERN ha spinto molti altri istituti che lavorano con gli inseguitori di particelle a sviluppare sistemi di raffreddamento evaporativo a CO2, basati su loop pompati meccanicamente.
