Cos’è il BYOD? Funziona nell’ambiente lavorativo?
Il BYOD è un acronimo di origine anglosassone, che semplifica la frase “Bring Your Own Device” e che in italiano significa letteralmente “porta il tuo dispositivo personale”. Questa pratica è relativamente giovane e, detto in parole povere, consente ai dipendenti di un’azienda di utilizzare i propri dispositivi mobili sul posto di lavoro per svolgere le loro mansioni.
Nascita e sviluppo del BYOD
Questo termine, pur nascendo nel 2009, vede le sue prime concrete applicazioni solo a partire dal 2010, a seguito dell’incremento di dispositivi personali che i dipendenti introducevano a lavoro, spesso trasgredendo le regole imposte dall’azienda.
Visto il crescente numero di violazioni e l’impossibilità di arrestare un fenomeno derivante dalla massiccia espansione tecnologica generata da smartphone e tablet, alcune società hanno cominciato a cambiare politica, adottando appunto il BYOD.
Nel 2014 la pratica era così largamente diffusa che l’acronimo BYOD ha dato vita ad altri sottoinsiemi e sigle, indicanti nello specifico i tipi di funzionalità autorizzate a varcare la soglia aziendale. Alcuni esempi sono:
- BYOA – bring your own app (porta la tua applicazione);
- BYOE – bring your own encryption (porta la tua crittografia);
- BYOI – bring your own identity (porta la tua identità);
- BYOT – bring your own technology (porta la tua tecnologia);
- BYON – bring your own network (porta la tua rete).
In questo modo i lavoratori sono autorizzati a utilizzare il loro dispositivo mobile preferito per svolgere agevolmente le attività lavorative, senza particolari vincoli di sorta. Ma è davvero tutto positivo o ci sono alcune pecche di cui tenere conto?
I vantaggi del BYOD
Un’azienda che sceglie una politica BYOD per i propri lavoratori, lo fa principalmente per una questione di abbattimento dei costi. Basti pensare a quanto dispendioso sarebbe dover acquistare uno smartphone per ogni singolo dipendente, mantenendolo costantemente aggiornato sia a livello software che hardware.
Lasciando invece piena libertà ai lavoratori nell’utilizzo dei device già in loro possesso, le spese si riducono al minimo. Inoltre vanno poi considerati i benefici trasversali: una persona che conosce il dispositivo su cui lavora, ad esempio, è sicuramente più abile nell’utilizzarlo e riesce a svolgere le proprie mansioni con immediatezza.
In più, tali dispositivi (essendo di proprietà esclusiva di chi li utilizza) vengono trattati con maggiore cura rispetto a quanto accadrebbe con device forniti dall’azienda. Oltre a ciò, va poi detto che, avendo più dimestichezza con i propri strumenti, cala lo stress e aumenta la produttività.
Quali svantaggi presenta il BYOD
Pur rappresentando un notevole passo verso l’innovazione, il BYOD apre anche la strada a nuove tipologie di rischio, legate alla sicurezza. Non avendo pieno controllo sui dispositivi che si collegano alla rete aziendale, infatti, è possibile che si creino delle vulnerabilità che possono causare fughe di dati sensibili o peggio.
Si è quindi resa necessaria per le aziende che permettono il BYOD la creazione di:
- appositi reparti dedicati all’Information Tecnology;
- e policy preparate ad hoc, che stabiliscano chiaramente quali sono i dati a cui è possibile accedere con i dispositivi personali, in che misura questi possono essere cancellati da remoto in caso di smarrimento dello smartphone e via discorrendo.
Naturalmente a pagare le conseguenze di questo irrigidimento del BYOD è la privacy del lavoratore, spesso invasa a causa del monitoraggio del traffico dati, dei siti visitati e degli accessi effettuati.
In conclusione si può asserire che, pur avendo enormi potenzialità, il Bring Your Own Device, ha ancora bisogno di essere affinato e regolamentato con criterio per risultare efficiente al 100% sul posto di lavoro.