Crisi energetica: le emissioni salgono meno del previsto
Durante l’emergenza sanitaria causata dal Covid-19, gli esperti mondiali avevano ipotizzato l’avvento di una crisi energetica, le cui conseguenze lato emissioni di anidride carbonica sarebbero dovute essere devastanti.
I motivi erano per lo più legati alla previsione di una repentina ripresa economica post-pandemia, che faceva presupporre la netta virata da parte delle aziende verso quei combustibili fossili, considerati indispensabili per generare l’energia necessaria a far ripartire la produzione.
Tendenza da principio vista dunque come obbligata e indiscutibile, ma che oggi è stata almeno in parte smentita da un recente report di IEA (International Energy Agency), nel quale è emerso uno scenario abbastanza differente.
Meno CO2 del previsto grazie alle fonti rinnovabili
Nel documento Global Energy Transitions Stocktake si apprende che nel 2022 le emissioni globali di anidride carbonica correlate al comparto energetico, sono aumentate meno dell’1% (321 milioni di tonnellate). Il che da un risultato decisamente positivo, soprattutto se si considera l’incremento di oltre 6 punti percentuali registrato invece nel 2021.
I valori restano ancora troppo elevati rispetto a quelli previsti dagli accordi internazionali sul clima (36,8 miliardi di tonnellate in totale), ma almeno non sono cresciuti in maniera drastica (come era stato ipotizzato all’inizio dai ricercatori), nonostante le imprese abbiano ricominciato a produrre a ritmi sostenuti.
Com’è possibile tutto questo?
Buona parte del merito di aver scongiurato l’aggravarsi della crisi energetica (che in ogni caso esiste e resta un problema da risolvere) è imputabile alle fonti rinnovabili. Gli anni dell’emergenza sanitaria hanno infatti costretto molte aziende ad aggiornare i rispettivi impianti, portandole a compiere interessanti passi in avanti nella ricerca di soluzioni alternative. Tra queste rientrano:
- l’adozione di veicoli elettrici;
- l’implementazione delle pompe di calore per la climatizzazione degli ambienti;
- l’uso di tecnologie ad alta efficienza;
- il ricorso all’elettricità pulita prodotta da sistemi green (come ad esempio l’eolico o il fotovoltaico).
Gli esperti dell’IEA hanno dichiarato che, senza le suddette innovazioni, la crescita delle emissioni di gas serra sarebbe stata di gran lunga superiore (pari cioè a 550 milioni di tonnellate). Certo, non è ancora il momento di esultare del tutto, ma il traguardo raggiunto ad oggi, oltre a essere davvero incoraggiante, ridimensiona di molto l’attuale crisi energetica.
Il vero problema sta nelle emissioni di carbone e petrolio
Se le emissioni di gas naturale sono diminuite, quelle degli altri combustibili fossili continuano invece a preoccupare, poiché:
- nel caso del carbone sono aumentate dell’1,6% a livello globale, con l’Asia in prima posizione seguita dall’Europa (il cui impatto sul totale è però drasticamente minore);
- mentre nel caso del petrolio hanno fatto registrare un incremento significativo pari al 2,5% (il principale responsabile di tale valore è il trasporto aereo che, dopo i minimi raggiunti durante la pandemia, ha ripreso a operare alla sua massima capacità).
Per quanto concerne le singole zone, è emerso che la Cina si è mantenuta pressoché stabile nel 2022, soprattutto per via del calo delle attività costruttive e di una crescita economica più debole. In Europa, d’altro canto, le emissioni nocive sono diminuite del 2,5%, ancora una volta per merito delle fonti rinnovabili.
I suddetti dati contenuti nel report IEA, insieme a quelli che verranno raccolti nei prossimi mesi, risulteranno fondamentali per i colloqui della futura convention sul clima, COP28. La Climate Change Conference inizierà a novembre e farà il punto della situazione climatica globale, nonché dell’effettivo stato della crisi energetica.