I tubi microalettati: una soluzione sempre necessaria e conveniente?
Al fine di ridurre la carica di refrigerante e il volume delle macchine, le aziende che operano nel settore della refrigerazione e del condizionamento dell’aria, progettano gli scambiatori di calore utilizzando le superfici estese. Sin dal brevetto depositato da Fujie et al. (1977), i tubi microalettati hanno sempre ricevuto molta attenzione perchè assicurano un elevato incremento delle prestazioni di scambio termico (80‐180%) rispetto ad un tubo liscio equivalente, nelle stesse condizioni operative, con un relativamente piccolo incremento delle perdite di carico (20‐80%).
Negli ultimi trent’anni, questa tecnologia è stata largamente studiata, molti lavori sia sperimentali che teorici sono stati condotti e sono stati proposti in letteratura diversi modelli per stimare i coefficienti di scambio termico e le perdite di carico.
Oggigiorno questa tecnologia è matura e i tubi microfin sono utilizzati come superfici estese per migliorare lo scambio termico monofase e bifase nelle pompe di calore, nei chillers, negli impianti di climatizzazione e nelle macchine frigorifere.
Foto di un tubo microfin e loro proprietà geometriche. (Cavallini et al., 2009).
Due foto di un tubo microfin e delle due sezioni sono riportate in figura. I tubi microfin sono tipicamente costruiti in rame e hanno il diametro esterno variabile fra 4 e15 mm, un singolo set di 50‐70 alette con un angolo di elica (ß) compreso fra 6 e 30°, altezza dell’aletta (h) da 0.1 a 0.25 mm e forma dell’aletta trapezoidale o triangolare con un angolo di apice (γ) compreso tra 25 e 90°. Infine, questi tubi presentano un incremento dell’effettiva area di scambio variabile da 1.8 a 2.2 rispetto ad un tubo liscio di equivalente diametro interno.
Il miglioramento delle prestazioni di scambio termico è in parte dovuto al semplice aumento dell’effettiva area di scambio, in parte all’addizionale turbolenza introdotta dalle alette nel liquido ed in parte all’effetto che la tensione superficiale gioca nel drenaggio del liquido. L’unica domanda legata all’uso di queste superfici estese per migliorare le caratteristiche di scambio termico sia durante il deflusso monofase che durante quello bifase all’interno di tubi è:
questa soluzione è sempre necessaria e conveniente?
La risposta a questa domanda potrebbe sembrare molto semplice: infatti, a prima vista, si potrebbe pensare che tutte le soluzioni che portano ad un miglioramento dello scambio termico dovrebbero essere necessariamente impiegate in uno scambiatore progettato a regola d’arte. La risposta invece non è così scontata perchè, al contrario, il tema dell’utilizzo dei tubi microfin coinvolge molti aspetti dello scambio termico all’interno di scambiatori di calore e necessita di un’approfondita analisi.
Prima di tutto dobbiamo richiamare la definizione di resistenza termica convettiva: il flusso termico scambiato in uno scambiatore tra due fluidi a differente temperatura fluisce attraverso la parete come la corrente elettrica passa attraverso le resistenze elettriche poste in serie.
Pertanto, le resistenze termiche sono simili a quelle elettriche; quando molte resistenze sono poste in serie, la resistenza totale sarà data dalla loro somma. In questo modo, se una resistenza è molto più elevata rispetto alle altre, essa può essere considerata dominante e la resistenza totale sarà molto vicina ad essa. Si può considerare dominante una resistenza che rappresenti circa il 70‐80% della totale.
Possiamo quindi affermare che, in uno scambiatore di calore ottimizzato, le resistenze termiche dovrebbero essere simili, in modo che nessuna possa essere considerata dominante. La resistenza convettiva ha la seguente forma:
dove è il coefficiente di scambio termico e
è il prodotto dell’aria di scambio e dell’efficienza della superficie (applicabile nel caso di superfici estese). I pedici I e O si riferiscono rispettivamente al lato interno tubo e al lato esterno.
La resistenza termica globale è data da:
dove Rcd è la resistenza conduttiva della parete, la quale nei successivi esempi verrà trascurata.
Adesso possiamo provare a rispondere alla precedente domanda.
Caso I: si consideri uno scambiatore a fascio tubiero, dove una portata d’acqua fluisce all’esterno del fascio con un coefficiente di scambio termico pari a = 5000 W m-2 K-1, mentre differenti fluidi scorrono all’interno dei tubi: un vapore che condensa ( = 5000 W m-2 K-1), una portata d’acqua ( = 2500 W m-2 K-1) e, infine, una portata di una soluzione incongelabile di acqua e glicole ( = 1250 W m-2 K-1).
Caso I: effetto dei tubi microalettati sull’ottimizzazione di uno scambiatore a fascio tubiero; coefficiente lato fasciame pari a 5000
W m‐2 K‐1. ST: tubo liscio; MT: tubo microfin.
I risultati riportati in figura permettono di capire quando un tubo microalettato dovrebbe essere utilizzato e quando esso è completamente inutile; in questo caso, abbiamo considerato un tubo microalettatto che sia in grado di incrementare lo scambio termico rispetto alla soluzione liscia di un fattore 1.8. La figura
riporta i risultati relativi alle due soluzioni, quando = 5000 W m-2 K-1 lo scambiatore con tubo liscio è ottimizzato perchè le due resistenze elettriche sono uguali (5000, ST). In questo caso, il tubo microfin dovrebbe essere evitato perchè la resistenza esterna diverrebbe dominante (5000*1.8, MT). Quando il coefficiente di scambio interno diminuisce, la resistenza termica ad esso associata diventa dominante. Questo significa che l’utilizzo del tubo microfin diventa importante e utile; per esempio, quando per effetto del tubo microfin, il coefficiente di scambio interno passa da 2500 W m-2K-1 (ST) a 4500 W m-2 K-1 (2500*1.8, MT), le resistenze termiche diventano simili. L’uso del tubo microalettato permette anche di migliorare il caso peggiore quando è molto basso (1250, ST), anche se lo scambiatore non è ottimizzato, il tubo microfin ne migliora lo scambio termico lato interno tubi (1250*1.8, MT).
Caso II: si consideri una batteria alettata in cui il lato aria sia stato ottimizzato essendo costituito da un’aletta intagliata con A0/A1=21. Si considerino nuovamente i tre coefficienti di scambio interni: le figure mostrano le resistenze termiche calcolate.
Considerando il tubo liscio, quando = 5000 W m-2 K-1 (5000, ST), la resistenza termica lato aria è dominante: quindi l’uso del tubo microalettato non è giustificato come evidenziato dal caso 5000*1.8, MT. Quando diminuisce, la resistenza termica lato tubo aumenta rapidamente facendo sì che l’utilizzo del tubo microfin sia necessario, come dimostrato dai casi 1250, ST e 1250*1.8, MT: l’uso del tubo microfin permette di armonizzare le resistenze termiche portando all’ottimizzazione dello scambiatore di calore.
Questi due semplici esempi permettono di comprendere come l’uso di una superficie estesa per migliorare le prestazioni termiche lato interno tubo deve essere analizzato criticamente. Alcune volte, infatti, l’uso del tubo microfin è definitivamente necessario, ma in altri casi può portare alla progettazione di scambiatori di calore non ottimizzati.
Caso II: effetto dei tubi microalettati sull’ottimizzazione di una batteria alettata; coefficiente lato aria 150 W m‐2 k‐1 e A0/A1=21. St:
tubo liscio; MT: tubo microfin.
Bibliografia
- Fuje K., Itoh N., Kimura H., Nakayama N., Yanugidi T., Heat transfer pipe, US
- Cavallini A., Del Col D., Mancin S., Rossetto L., Condensation of pure and near‐azeotropic refrigerants in microfin tubes: A new
- computional procedure. International Journal of Refrigeration, vol. 32, p. 162‐174, 2009
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